La mostra presenta una selezione di opere di artisti che attraversano 50 anni di storia, da cui abbiamo selezionato opere caratterizzate da una quasi totale essenza del colore e accomunate da una grande espressività materica formale. Negli ultimi cinque decenni, questi artisti si sono confrontati più spesso con la loro contemporaneità senza ‘urli’ di colore, dimostrando la capacità di sintetizzare le loro idee chiare.
L’esposizione apre con lo scultore sperimentale Nicola Carrino, Rilievo bianco del 1965, opera giovanile in cui l'artista esplora l'idea di spazio costruttivo che sarebbe poi diventata un tratto distintivo della sua carriera esposto in varie Biennali di Venezia dal 1966 in poi, e prosegue con Rodolfo Aricò Metrico, opera di grande formato del 1969. Qui, ritmi e dimensioni di oggetti bianchi e tridimensionali formano e definiscono lo spazio in armonia tra loro e con ‘l'esterno’.
Antonio Calderara, attualmente esposto in una grande retrospettiva alla Estorick Collection of Modern Italian Art di Londra, è stato considerato uno dei primi artisti italiani a passare dalla ricerca figurativa a quella astratta negli anni Quaranta. La sua ricerca sfocia la pittura analitica degli anni Settanta con un chiaro respiro di campi armonici/poetici. Il suo lavoro in mostra fa parte di 49 variazioni cromatiche ad acquerello su carta, originariamente esposta alla galleria Salone Annunciata in occasione dell'ottantesimo compleanno dell'artista.
Dalla fine degli anni 60 anche Marco Gastini si è affacciato sulla scena artistica con la pittura analitica. Senza titolo del 1973, in cui la finissima materia Ducrot su plexiglass accoglie segni, quasi scritture geometrico/musicali in una libera ricerca della misura. Dadamaino, presente con Inconscio razionale del 1975, riempie anch’essa, come suggerisce il titolo, la tela bianca di segni ritmici tra razionalità e inconscio. Paolo Icaro, già esponente dell'Arte Povera negli anni Sessanta, dimostra una libertà espressiva che lo svincola dal gruppo originario di Merz e Kounellis. Le sue opere, spazi bianchi manipolati e incisi nel gesso, raccontano poesie essenziali con impronte/orme del gesto umano.
Alla fine degli anni Ottanta, una nuova generazione di artisti si affaccia sulla scena europea proseguendo con la ricerca materica verso una nuova libertà poetica/ espressiva.
La ricerca di Enzo Castagno, iniziata alla fine degli anni Ottanta e che gli è valsa il Pollock-Krasner Foundation Award nel 1991, affronta questioni esistenziali terrene attraverso opere scultoree in argilla, refrattario e porcellana. Pira W, del 2009, è una costruzione perfettamente cubica di cilindri bianchi perforati impilati di porcellana-limoge. Nata dal fuoco, la pira risulta inquietante nella sua immobilità e confortante nella sua affidabile regolarità ritmica.
L'artista svedese Mats Bergquist concettualizza l’annullamento dell'immagine 'icona' nell'opera d'arte. Parte dalle icone storiche, oggetti di venerazione, dove il tocco umano ripetuto per centinaia di anni, ha portato al consumo e alla cancellazione (scomparsa) dell'immagine, mentre è rimasto il potere dell'oggetto da venerare. Ciò che rimane è l'idea dell'opera/oggetto come sintesi suprema che rimane la priorità assoluta del rapporto umano con lo spirito. Anche in questo caso, le opere su legno lavorate a encausto organizzano geometrie, metafore della relazione tra le persone e lo spazio cosmico/spirituale.
Con l'opera Traforation 10/IX, 2010, l'artista tedesca Angela Glajcar, racconta una diversa storia dello spazio-tempo. Fogli bianchi, sovrapposti come in un diario, dove il gesto su ogni foglio non è scrittura ma uno strappo, sottrazione fisica che crea spazi spirituali.
Sfidando l’ombra come entità, Laguna 2016 dell'artista italiana Michela Cattai esplora le qualità trasparenti della materia vitrea per modellare e creare uno spazio interno di luce avvolto e protetto dalla massa vetrosa trasparente e dalle superfici ‘battute’.
Il percorso espositivo culmina con le opere del più giovane artista presente, Tancredi Mangano, che negli ultimi vent'anni è passato dalla fotografia alla scultura e che dagli anni 2010 conduce una ricerca tra arte e natura. Trasforma calchi di zucche e frutti in figure antropomorfe, sculture in gesso bianco che nel gesto silenzioso diventano quasi metafisiche.