In un ambiente competitivo come quello delle gallerie d’arte ci è sembrato il momento giusto per attivare una collaborazione, celebrando la storica galleria milanese dell’Annunciata attiva dal 1939, a Milano.
Se il modello di co-working può rappresentare il futuro per molti settori, perché non potrebbe esserlo anche per il mondo dell’arte? Bruno Grossetti (Grossetti Arte), Francesca e Ruggero Montrasio (Montrasio Arte) hanno deciso di intraprendere questo esperimento.
Bruno Grossetti propone qui un omaggio ai genitori Carlo e Nina Grossetti e alla loro collezione, anni ’60-’70. Negli spazi espositivi della galleria si rivive l’atmosfera fervente di quegli anni, quando gli artisti esposti, finanziati e promossi dai Grossetti, arrivarono ad esporre negli Stati Uniti, alle Biennali di Venezia e a mostre nelle più prestigiose istituzioni museali e importanti gallerie private d’Europa.
La prima sala rappresenta al meglio il percorso di Aricò con masterpiece dal ’66 al ’70, con opere pittoriche che preludono e dialogano con le famose tele sagomate della fine degli anni ’60.
La sala successiva è dedicata a Mario Nigro, con opere dei primi anni ’60. Lo spazio è in più punteggiato da sculture di Giuseppe Spagnulo e Nicola Carrino dei primi anni ’70.
Ci si avvia così alla sala dedicata a Nicola Carrino, come una cripta. Il racconto si sviluppa a partire da una scultura modulare, tra le più rappresentative della sua produzione di quel periodo, circondata ed arricchita da carte progetto degli anni 60, un’opera, anch’essa modulare e metallica, da parete e due tele degli anni ’80.
Lo spirito di collaborazione tra le due storiche gallerie è evidenziato da Bruno Grossetti nella condivisione della personale dedicata all'artista contemporaneo Gian Luca Bianco, della scuderia Montrasio. Arte. Intitolata Reperti, ordina nove delle ultime opere in ceramica dell'artista. Costruzioni poetiche e minimaliste di sottili lastre di argilla refrattaria, alcune poste su una base di terracotta, chiudono il capitolo della precedente ricerca dell'artista Imbilico e aprono nuovi orizzonti. Il nuovo progetto supera l'elemento narrativo delle opere precedenti, drammatiche e più iconiche, che raccontano lo spaesamento dell'uomo di fronte agli eventi naturali, e, le future speranze, necessità umane fondamentali, a volte semplici, come il focolaio domestico. Nelle ultime opere, l'elemento simbolico delle macerie è stato sostituito dalle rovine, strutture immaginarie, divorate dal tempo, lentamente e in un lasso indefinito. Intitolate La Gemella o semplicemente Tetto, le sculture assurgono a metafore, sia delle emozioni personali dell'artista che dei concetti universali. Nel cerchio della vita, tutto è connesso, perdita e rinascita. Lavorare con la l’argilla, malleabile, ha per Gian Luca Bianco un significato preciso: tutto nasce dalla terra; tutto può essere costruito e ricostruito con la terra. Delicate con superfici marcate, ma di presenza ferma e sobria, le costruzioni formali, elementi di parete singoli, accoppiati o distanziati o di un tetto sembrano sopportare il volto del tempo che passa. Le sculture indicano il tempo eppure ne sono scevre, invitando l'osservatore ad entrare in un dialogo intimo con le opere e a riempirle di emozioni e ricordi personali, invitando a momenti di riflessione.