Dado Schapira - Esposizioni

Nato nel 1957 a Milano.

ESPOSIZIONI

 

PRINCIPALI MOSTRE PERSONALI 

Gallery Fabbrica Eos - Milano, settembre 2010

Art Business Malpensafiere - Busto Arsizio, marzo 2011

Space Idarica Gazzoni, Festa via S. Marta - Milano, luglio 2011

Gallery Sovilla - Cortina d'Ampezzo, dicembre - febbraio 2011-12 

Galleria Gossetti - Una collezione attraverso il tempo - Milano, novembre 2011 

Miart 2010 Gallery Fabbrica Eos - Milano, aprile 2010

Contemporary Art Macro F2010 Gallery Fabbrica Eos - Roma, maggio 2010 Art Fair Verona Gallery Fabbrica Eos- Verona, ottobre 2010

Affordable Art Fair Milano, Milano, febbraio 2011

Art Business Malpensafiere Busto Arsizio, marzo 2011

AAM Arte Accessibile spazio SOLE 24ORE Gallery 

Fabbrica Eos - Milano aprile 2011

Contemporary Art Macro 2011 Gallery Fabbrica Eos – Roma maggio 2011

“Grossetti Grand Palais”Bologna Artefiera Off Gallery Grossetti- Bologna gennaio, 2012 

Affordable Art Fair Milan 2012 Gallery Fabbrica Eos- Milano febbraio 2012

Sotheby’s For Israel Museum Jerusalem- Milan, maggio 2011 

Tancredi Mangano - Testi

Nato nel 1969 a Lisieux, Francia.

Da una certa distanza 2009

Da una certa distanza è un lavoro che si sviluppa in una lunga serie di immagini eseguite da treni in movimento. La velocità, limite di una visione “corretta”, diventa elemento portante e fondamentale. 
Il paesaggio così registrato è intravisto e non più contemplativo. 
In un’alternanza tra il vedere e il non vedere, gli elementi del paesaggio appaiono e scompaiono senza legame e nesso, provocando una presa di distanza che allontana dalla realtà.

From a certain distance is a work that develops itself in a long series of images realized on moving trains. The train speed, that hampers a “correct” vision, becomes a bearing and fundamental element in this work. The landscape, so recorded, is glimpsed and no more contemplative. Images are sometimes objective sometimes completely abstract depending on the moment of the shot. 
In a swing between the seen and unseen, landscape elements appear and disappear without links and nexus, causing a distance that moves away from reality.

 

Eden - 2005-2007

Osservando una realtà che di solito sfugge allo sguardo di chi vive in una città come Milano, è nato il lavoro Eden. Il titolo allude a un paradiso antropizzato la cui vegetazione è capace, nonostante gli innumerevoli ostacoli, di recuperare una sua dimensione selvaggia, quasi incontaminata. Dopo qualche giorno di lavoro ho cominciato ad invertire la prospettiva in cui noi abitualmente ci muoviamo: quando osserviamo un albero in città, lo vediamo come un elemento eccezionale che cresce, come in effetti è, circondato dagli edifici. 
Ho iniziato a fotografare gli alberi facendo in modo che fossero gli edifici ad apparire come intrusi, come fossero nati facendosi largo tra la vegetazione, cosa che peraltro è storicamente avvenuta nel passato della città.

The Eden title alludes to an overbuilt paradise where the vegetation is able, in spite of innumerable blocks, to recover its own wild dimension, almost uncontaminated.
After some work days I have become to invert the prospective in which we usually move: when we observe a tree in the city, we see it like an exceptional element that grows, as it really is, surrounded by buildings. I have started to photograph trees in a way where the buildings are the intruders, as they were born making their way through the vegetation, thing that moreover has historically happened in the city past.

 

Inabitanti - 2003-2005

La serie Inabitanti ritrae le improvvisate “abitazioni” di un gruppo di nomadi rumeni in una zona boschiva della Bovisa a Milano. Imparando a vivere in una realtà avversa e ostile, la piccola comunità ha saputo comunque garantirsi la propria basilare sussistenza e, protetta dalla vegetazione, è diventata abitante invisibile ed inesistente della città. Materiali di scarto e arredi urbani vengono assemblati con ingegno per costituire le strutture delle capanne, mentre la fitta boscaglia si trasforma in una vera e propria barriera di separazione con l’esterno.

The series Inabitanti depicts the improvised “home” of a group of Romanian travellers in a woodland area of Bovisa in Milan. 
By learning how to live in an adverse and hostile environment, the small community has neverthless learned how to guarantee their basic sustainence, and, protected by the vegetation, it has become an invisible and non-existent inhabitant of the city. Discared materials and urban furnishings are assembled with skill to build huts, while the thick woodland is trasformed into a real barrier separating them from the outside world.

 

In urbe - 2002

In urbe (un erbario urbano) nasce da orientamenti che si basano sull’osservazione di cose apparentemente invisibili, non importanti per la maggior parte delle persone. Si tratta del desiderio di rivalutare ciò che sembra inutile ed è invece dotato di una sua dignità, di un suo modo di essere e di un proprio diritto di esistenza.

In urbe (an urban herbarium) is based on the observation of apparently invisible things, usually not important for people’s majority.
It consists on the wish of revaluing what seems useless but is endowed with an own dignity, an own way of being and an own existence right.

 

Volti in trappola - 1994/ongoing

La serie di Volti in trappola nasce da una lunga procedura. Dopo avere “emulsionato” col nerofumo una serie di lastrine di vetro e aver preso con queste l’impronta del mio volto, ho posto l’insieme delle lastrine sulla terra, nel bosco, lasciandovele per alcuni giorni. Il risultato sono una serie di “Volti in trappola”, cioè superfici in grado di intrappolare e quindi registrare in un certo tempo ed in un determinato spazio -segnato dal contatto del mio volto- ogni minimo nonché casuale passaggio animale e ogni altra azione della natura, l’altrui esperienza.

The Trapped Faces series is the outcome of a lenghty process in which a set of glass plates where “emulsified” with smoke black imprinted with the features of my face and then left together on the ground, in a wood, for a few days. The result was a set of trapped faces, surfaces able to trap and therefore record -at a certain time in a certain place, marked with the features of my face- every slightest accidental passage of an animal and any other natural event acting on the otherness of the face.

Tancredi Mangano - Esposizioni

Nato nel 1969 a Lisieux, Francia.

MOSTRE PERSONALI

 

2016

Del giardino terrestre, Grossetti Arte, Milano

2015

Da Una Certa Distanza, The Lone T Art Space, Milano 

2005

Eden, Nepente Art Gallery, Milano

Il brivido immenso sul corpo della terra, Studio Artese, Milano 

2000

n superficie, Galleria Dryphoto, Prato 

1998

Epithélial, Galleria Dryphoto, Prato 

1996

Contact, Galleria Cons Arc, Chiasso

 

MOSTRE COLLETTIVE

 

2016

We land, Repetto Gallery, Londra

2015

We land, The Lone T Art Space, Milano 

2015

Ieri Oggi Milano, Capolavori del Museo di Fotografia Contemporanea, Spazio Oberdan, Milano 

2015

Heart modulation, Galleria Grossetti Arte Contemporanea c/o Spazio Silos, Venezia 

2014

Living room, Galleria Grossetti Arte Contemporanea, Milano

A Group Show, Spazioborgogno, Milano

An Italian Look n°3, Contemporary Italian Photography, Daegu Photo Biennale 2014, Corea

MIA&D – Milan Image Art&Design Fair, Marina Bay Sands, Singapore

Altro dalle immagini-GE /14

Fondazione Sandretto Re Rebaudengo, Torino

MIA - Milan Image Art Fair, Milano 

2013

Il futuro delle origini, Galleria Grossetti Arte Contemporanea, Milano 

Il cadavere e il chirurgo, Bottega Cecè Casile, Milano 

E subito riprende il viaggio... Opere dalle collezioni del MA*GA dopo l’incendio, Triennale di Milano

2012

Vota Arte, Galleria Grossetti Arte Contemporanea, Milano 

Dalì a domani, Galleria Grossetti Arte Contemporanea, Milano

Ieri Oggi Milano, Fotografie dalle Collezioni del Museo di Fotografia Contemporanea, Spazio Oberdan, Milano

Oltre l’attimo, ArteFiera Off, Bologna 

2011

Una Collezione che attraversa il tempo 1958-2011, Galleria Grossetti Arte Contemporanea, Milano 

My Collection 1916 // 2011, Galleria Grossetti Arte Contemporanea, Milano 

MIA - Milan Image Art Fair, Milano

2010

Italian Genius Now - Casa dolce Casa, Padiglione Italia, Expo 2010 Shanghai Cina 

2009

Da Guarene all’Etna 1999-2009, dieci anni di fotografia italiana, Palazzo Re Rebaudengo, Guarene d’Alba (CN) 

Il cielo in una stanza. Per una osservazione eccentrica del paesaggio, Galleria Comunale d’Arte contemporanea, Monfalcone

Terzo paesaggio, fotografia italiana oggi. XXIII edizione Premio Nazionale Arti Visive 

Città di Gallarate, Civica Galleria d’Arte Moderna di Gallarate 

2008

Ereditare il paesaggio, Spazio Officina, Chiasso 

2007

Ereditare il paesaggio, Ara Pacis, Roma; Museo del territorio Biellese, Biella 

2006 Ex Fabrica. Identità e mutamenti ai confini della metropoli, Sale Viscontee del Castello Sforzesco, Milano

Naturale. Opere dalle collezioni, Museo di Fotografia Contemporanea, Cinisello Balsamo, Milano 

La Dolce Crisi. Fotografia contemporanea in Italia, Villa Manin, Udine. A cura di F. Bonami

2005

Fragments of Contemporary Urban Life, City Hall Art Space and Istituto Italiano di Cultura, San Francisco

2003

Innatura, X Biennale di Fotografia, Palazzo Bricherasio, Torino. A cura di Anna Detheridge 

L’idea di paesaggio nella fotografia italiana dal 1850 ad oggi, Galleria Civica, Modena 

2002

Da Guarene all’Etna, via mare, via terra, Padiglione Italia, Venezia 

Idea di Metropoli, Museo Fotografia Contemporanea Villa Ghirlanda, Cinisello Balsamo. A cura di R. Valtorta 

2001

Paesaggi fluttuanti, Santuario di Oropa, Biella 

Da Guarene all’Etna, via mare, via terra, Fondazione delle Stelline, Credito Valtellinese, Milano 

MIART 2001, stand Galleria Dryphoto, Fiera di Milano

2000

Da Guarene all’Etna, via mare, via terra, Palazzina dei Giardini, Modena 

1999

Artissima, stand Galleria Dryphoto, Torino

Da Guarene all’Etna, via mare, via terra, ex chiesa del Carmine, Taormina 

1998

Artissima, stand Galleria Dryphoto, Torino

Pagine di fotografia italiana 1900-1998, Galleria Gottardo, Lugano. A cura di R. Valtorta 

1997

Percorsi, Galleria Otto Contemporanea, Bologna

1987-1997 Archivio dello spazio. Dieci anni di fotografia italiana sul territorio della provincia di Milano, Palazzo della Triennale, Milano

Corto Circuito, Center of Photography, Oulu

Circolo des Bellas Artes, Madrid; Galleria Civica, Modena

On Board. Fotografia contemporanea sul Lago Maggiore, Besozzo Periscopio

Cascina Grande, Rozzano 

1996

Coincidenze e contaminazioni, ex convento della Purificazione, Arona

1995

Anni Novanta. Arte a Milano. Artisti e Designer nella città, Galleria del Credito Valtellinese, Milano

1994

DIXIE, dieci fotografi per Milano, Palazzo dell’Arengario, Milano

 

SELECTED COLLECTIONS

 

Museo Fotografia Contemporanea, Cinisello Balsamo

Centro d’Arte Contemporanea Villa Manin, Codroipo (UD)

GAM – Civica Galleria d’Arte Moderna di Gallarate

Civico Archivio Fotografico del Castello Sforzesco, Milano

Galleria Civica, Modena

Fondazione Sandretto Re Rebaudengo, Torino

Rodolfo Aricò - Testi

Nasce il 3 giugno 1930 a Milano. Frequenta il Liceo Artistico di Brera, l'Accademia e la Facoltà di Architettura al Politecnico di Milano. La sua prima personale è del 1959 al "Salone " di Milano. 

Testo in catalogo 9, Milano, Salone, aprile 1962.

Per una utopia post-storica, verso un futuro post-storico, catalogo della mostra, Verona, Studio La città, 1973.

Didascalie Progettazione, in "Flah Ari", nn.46-47, giugno 1974.

Intervento sul tema Mostre antologiche, quale funzione?, in "Iterarle", II, Bologna, gennaio 1975.

Conversazione con Guido Ballo, in Progetti, catalogo della & Colophon, aprile 1975.

Lettera a Marcello Bizzarri, nel catalogo della Galleria II Sole, Balzano, 15 novembre - 11 dicembre 1975.

Conversazione con Gianni Contessi in Aricò, Trieste, Galleria d'arte Tommaseo, ottobre 1976.

Testo nel catalogo della mostra personale di Toti Scialoja, Roma,

Galleria Qui Arte Contemporanea, aprile - maggio 1978.

Testo in Quest'arte, Pescara, giugno - luglio 1979.

Risposte a Concetto Pozzati in "Iterarte", n.l8, Bologna, dicembre 1979 - gennaio 1980.

Io e Fontana, in "Artecultura", XVI, n.2 Milano, febbraio 1980.

Nota introduttiva in "Scenografia 11", Brera, Accademia di Belle

Arti, Quaderno 1, Milano, dicembre 1981.

lonesco, Milano, Accademia di Belle Arti di Brera, maggio 1983.

Nota 1983, in "Temporale", Rivista d'arte e di cultura", n.l, Milano, dicembre 1983.

Presentazione dell'opera teatrale L'uomo nero-Meriggio, Milano, Teatro Piccola Commenda, 1983.

Testo in Intelligenza dell'effetto - La messa in scena dell'opera d'arte, catalogo della mostra, Milano Palazzo Dugnani, aprile 1985.

Conversazione con Luigi Meneghelli, in 20 anni fa, catalogo della mostra, Verona, Studio La Città, aprile 1987.

Conversazione con Mauro Ponzerà, in "Juliet Art Magazine", n.46, febbraio 1990.

Mostra alla "Lorenzelli", Milano, marzo 1993,

Lettera di Aricò a Matteo Lorenzelli. Mostra alla "Plurima" di Udine. 23 ottobre 1993,

Lettera di Aricò a Valentino Turchetto. Rodolfo Aricò, Riflessioni sull'arte, 1993, Terzocchio. 

Intervista di Giorgio Bonomi a Rodolfo Aricò il poeta del colore, "Titolo" ,1995.

Testo intervista di Elio Cappuccio a Rodolfo Aricò per Tema Celeste, maggio 1997.

Dal 1995 scrive racconti dedicati ad alcuni pittori del passato Roberto Sanesi, in Aricò, catalogo della mostra, Milano, Salone , 10 gennaio 1959.

Guido Ballo, Aricò, catalogo della mostra, Torino, Galleria La Bussola, 23 marzo 1963.

Roberto Sanesi, Reperti: per uno studio sulla pittura di Rodolfo Aricò, ed. del Triangolo, Milano 1965.

Roberto Sanesi, Aricò, catalogo della mostra, Milano, Salone, febbraio 1966.

Maurizio Fagiolo Dell'Arco, Aricò, catalogo della mostra, Milano, Salone , febbraio 1966.

Giulio Carlo Argon, Aricò, catalogo della mostra, Roma, Galleria L'Attico, gennaio 1967.

Eligio Cesana, nel catalogo della Galleria Stefanoni, Lecco, aprile 1967.

Giulio Carlo Argon, Rodolfo Aricò, in Nuove tecniche d'immagine, Repubblica di San Marino, catalogo della VI Biennale d'arte, Venezia 1967.

Guido Ballo, Rodolfo Aricò, in catalogo della XXXIV Biennale di Venezia, Venezia, 22 giugno 1968.

Guido Ballo, Aricò, catalogo della mostra, Padova, Galleria La Chiocciola, giugno 1970.

Gillo Dorfles, in Aricò, catalogo della mostra, Milano, Salone, febbraio 1972.

Alessandro Mozzanbani, Aricò, catalogo della mostra, Verona, Studio La Città, marzo 1972.

Roberto Sanesi, in Aricò, catalogo della mostra, Milano, Salone, 10 gennaio 1959.

Guido Ballo, Aricò, catalogo della mostra, Torino, Galleria La Bussola, 23 marzo 1963.

Roberto Sanesi, Reperti: per uno studio sulla pittura di Rodolfo Aricò, ed. del Triangolo, Milano 1965.

Roberto Sanesi, Aricò, catalogo della mostra, Milano, Salone, febbraio 1966.

Maurizio Fagiolo Dell'Arco, Aricò, catalogo della mostra, Milano, Salone, febbraio 1966.

Giulio Carlo Argan, Aricò, catalogo della mostra, Roma, Galleria L'Attico, gennaio 1967.

Eligio Cesano, nel catalogo della Galleria Stefanoni, Lecco, aprile 1967.

Giulio Carlo Argan, Rodolfo Aricò, in Nuove tecniche d'immagine, Repubblica di San Marino, catalogo della VI Biennale d'arte, Venezia 1967.

Guido Ballo, Rodolfo Aricò, in catalogo della XXXIV Biennale di Venezia, Venezia, 2Z giugno 1968.

Guido Ballo, Aricò, catalogo della mostra, Padova, Galleria La Chiocciola, giugno 1970.

Gillo Dorfles, in Aricò, catalogo della mostra, Milano, Salone, febbraio 1972.

Alessandro Mozzanbani, Aricò, catalogo della mostra, Verona, Studio La Città, marzo 1972.

Guido Ballo, Aricò, catalogo della mostra, Milano Galleria Vinciana, marzo 1973.

Alberto Veca, Aricò, catalogo della mostra, Verona, Galleria Ferrari, febbraio 1976.

Mario Ramous, Aricò, catalogo della mostra, Bologna, Fabjbasaglia grafica studio, aprile 1976.

Gino Baratta, Reinvenzione e mito in Rodolfo Aricò, in Rodolfo Aricò Mito e architettura, Mantova, Casa del Mantegna, maggio 1980.

Francesco Bartoli, Presagi della scena, in Rodolfo Aricò - Mito e architettura, Mantova, Casa del Mantegna, maggio 1980.

Gianni Contessi, Rodolfo Aricò - Mito e architettura, volume della mostra, Mantova, Casa del Mantegna, maggio 1980.

Guido Ballo, Rodolfo Aricò, catalogo della mostra, Milano, Padiglione d'arte contemporanea, 1984.

Carlo Invernizzi, Le coordinate neuroniche di Aricò e la sua pittura, nel catalogo della mostra, Galleria Plurima, Udine 1986.

Giovanni Maria Accame, Aricò. La pittura e il suo senso, catalogo della mostra. Galleria Turchetto / Plurima, Milano 1989.

Giovanni Maria Accame, Aricò. L'inquetudine della ragione, monografia,ed. Electa, Milano, 1990.

Marco Valsecchi, Rodolfo Aricò, in "II Giorno", Milano 13 marzo 1957.

Guido Ballo, Aricò, in "Avanti", Milano, 6 febbraio 1959.

Daniela Palazzoli, Aricò, in "Avanti", Milano, 19 marzo 1966.

Guido Ballo, Aricò, in "D'Ars Agency", n.1-2, Milano, marzo 1966.

Sandra Pinto, Aricò all'Attico, in "La voce repubblicana", Roma, 7 febbraio 1967.

Luigi Paolo Finizio, Aricò, in "II pensiero nazionale", Roma, marzo 1967.

Guido Giuffré, Aì-icò, in a fiera letteraria", Roma, 2 marzo 1967.

Alberto Boatto, L'itinerario di Aricò, in "Qui arte contemporanea" n.4, Roma, novembre 1967.

Rosario Merone, Le forme in attesa di Aricò, in "Cartabianca", Roma, marzo 1968.

Mario Perazzi, Rodolfo Aricò, in "Corriere della sera", Milano, 11 febbraio 1969.

Eligio Cesano, Rodolfo Aricò, Salone , in "Nac", n.10, Milano, 1 marzo 1969.

Guido Ballo, Rodolfo Aricò, in "Art international", n.XII-3, Lugano, 20 marzo 1969.

Franz Schuiz, Rodolfo Aricò, in "Art international", Lugano, marzo 1970.

Guido Ballo, La pittura - oggetto di Rodolfo Aricò, in "Ottagono", Milano, dicembre 1970.

Gianni Contessi, II rigore dell'illusione di Rodolfo Aricò, in "Qui arte contemporanea",n.9, Roma, ottobre 1972.

Guido Ballo, La pittura oggetto di Rodolfo Aricò, in "Gala international", X n.62, Milano, ottobre-novembre 1973.

Gioia Conte, La lucida avventura di Rodolfo Aricò, in "Alto Adige", Balzano, 19 ottobre 1973.

Claudio Terenzi, Virtualità di Aricò, in "Paese sera", Roma, 29 settembre 1973.

Mikios Varga, Rodolfo Aricò, in "Le Arti", Milano, giugno 1974.

R.P., Aricò, in "II Gazzettino", Venezia, 5 giugno 1974.

Gianni Contessi, Rodolfo Aricò, in "Nac", Roma, settembre 1974.

Claudio Terenzi, Le prospettive di Rodolfo Aricò, in "Paese sera", Roma giugno 1974.

Giorgio Segato, Rodolfo Aricò, in “D’Ars Agency", Milano, dicembre 1974.

Giulio Montenero, Rodolfo Aricò, in "II Popolo", Trieste, ottobre 1976.

Guido Ballo, Aricò, in "D'Ars Agency" XVIII, n.84, Milano, 1977.

Mario Perazzi, La pittura è sogno, in "Corriere d'informazione", Milano 22 marzo 1978.

Franco Basile, II segno di Aricò, "II Resto del Carlino", Bologna, 19 marzo 1979.

Mlklos Varga, Rodolfo Aricò, quasi un classico, in "Gala international", XVI, n.93, Milano, ottobre 1979.

Werther Gorni, Rodolfo Aricò e il mito, in ”Gazzetta di Mantova" 10 maggio 1990.

Mario Perazzi, Aricò e il fascino sottile dell'architettura, in "Corriere d'informazione", Milano, 22 magio 1980.

Guido Ballo, Visioni oltre il reale, in "Corriere della sera", Milano, 18 gennaio 1987.

Tilly M. Meazzi, L'incompiuta di Aricò, in "Alto Adige", Balzano, 20 aprile 1987.

Vanni Buttasi, Personale di Aricò con elementi del sensibile, in "Gazzetta di Mantova", Mantova, 17 settembre 1988.

Mauro Corradini, Un felice ritorno per Rodolfo Aricò, in "Gazzetta di Mantova", Mantova, 1 gennaio 1988.

Vanni Buttasi, Suzzara: chiude oggi la mostra di Aricò, in "Gazzetta di Mantova°, Mantova, 9 ottobre 1988.

Marco Valsecchi, in "II Giorno", Milano, 21 gennaio 1959.

Mario De Micheli, in "L'Unità", Milano, 23 gennaio 1959.

Enrico Crispolti, Roberto Sanesi, Emilio Tadini in Possibilità di relazione, catalogo della mostra, Roma, Galleria L'Attico, 1960.

N.N. Milan debuts, in "The Globe", Boston, 22 febbraio 1962.

Marco Valsecchi, in "II Giorno", Milano, 31 maggio 1962.

Giancarlo Politi, Giovani artisti italiani, in "La fiera letteraria", Roma 28 giugno 1964.

Marcelle Venturoli, in "Comunità", Milano agosto 1964.

Renzo Modesti, in Pittura italiana contemporanea, Milano 1964.

Federica Di Castro, Artsti italiani alla Biennale, in "Le Arti", n.6, Milano, 1964.

Gillo Dorfles, Gli artisti italiani alla XXXII Biennale, in "Art International", n.VIII, Lugano 1964.

Silvio Bronzi, L'avanguardia italiana alla XXXII Biennale di Venezia, in "Art international", n. Vili, Lagano 1964.

Guido Ballo, in La linea dell'arte italiana, voi. II, Roma 1964.

Giulio Carlo Argon, Documento III, in "La fiera letteraria". Roma 2 ottobre 1964.

Luigi Lambertini, La mostra dei critici, in "L'avvenire d'Italia", Bologna, 21 gennaio 1965.

Maurizio Fagiolo Dell'Arco, in Rapporto sessanta. Roma 1965.

Gillo Dorfles, in Una generazione, catalogo della mostra, Roma Galleria Odyssia, 1965.

Maurizio Calvesi, in Le due avanguardie, Milano 1966.

Leonardo Sinisgalli, in "Tempo", Milano 28 marzo 1967.

Francesco Bartoli, nel catalogo della galleria G.Greco, Mantova, aprile 1967.

Tommaso Trini, in "Domus", Milano aprile 1967.

Luigi Malie, Situazione 1967, nel catalogo del museo sperimentale d'arte contemporanea, Torino, aprile 1967.

Toni Del Renzio, Report from Milan, in "Pictures on exhibit", New York, febbraio 1968.

Enrico Crispolti, in Ricerche dopo l'informale. Roma 1968.

Gillo Dorfles, 1968 - Aricò, Battaglia, Colombo, nel catalogo della mostra al Salone , Milano, 7 maggio 1968.

Guido Ballo, Occhio critico 2 - La chiave dell'arte moderna, Milano 1968.

Marcelle Venturoli, Tutti gli uomini dell'arte, Milano 1968.

Pier Angelo Soldini, Nuovi soggetti per un mondo nuovo, in "Corriere d'informazione", Milano, 30-31 gennaio 1969.

Garibaldo Marussi, Le mostre a Milano, in "Le Arti", n.1-2, Milano, gennaio - febbraio 1969.

R.C.Kenedy, Letter from Italy, in "Art international", n. VIII-IV, Lugano, 20 aprile 1969.

Gualtiero Schoenenberger, Un gruppo milanese - Sette artisti del Salone , in "Art international", n. VIII-VI, Lugano 1969.

Guido Ballo, Sviluppi della pittura-oggetto, in "Ottagono”, Milano, luglio1969.

Guido Ballo, in 7 Magnetico, Parma 1969.

Enrico Crispolti, Roberto Sanesi, Emilio Tadini, in Possibilità di relazione - Una mostra dieci anni dopo, catalogo della mostra, Ferrara, Palazzo dei Diamanti, 1970.

Mikios Varga, Le immagini folli degli anni sessanta, in "Mondo giovane", Milano, gennaio - febbraio 1970.

Tommaso Trini, "Opus international", n.l6, Parigi, febbraio 1970.

Milton Gendel, Avante-garde milanese, in "Art news", n.4, New York, 1970.

Pierre Restany, in "D'Ars agency", n.50, aprile - luglio 1970.

Roberto Sanesi, in "II dramma", n.11-12, Roma, novembre dicembre 1970.

Ernesto Francalanci, Cronaca d'estate, in "Art international", Lugano, dicembre 1970.

Marcella Venturoli, in Tutti gli uomini dell'arte, Roma 1970.

Pier Angelo Soldini, La luce di Verona, Milano 1971.

Roberto Sanesi, in 20 artistas italianos, catalogo della mostra, Museo de arte moderno, Città del Messico 1971.

Vittorio Notarnicola, in "Corriere d'informazione", Milano 12-13, febbraio 1972.

Mario Perazzi, in "Corriere della sera", Milano, 10 febbraio 1972.

Roberto Sanesi, in "II dramma", n.4, Roma, aprile 1972.

Henry Martin, Milan, in "Arrt international", Lugano, aprile 1972.

Gillo Dorfles, in "Arte Milano" n.1, Milano, maggio 1972.

Gillo Dorfles, in "Opus international", n.39, Parigi, dicembre 1972.

Roberto Sanesi, in "Opus international", n.42, Parigi, marzo 1973.

Toni Del Renzio, Conventional problematics, unconventional means, in "Art and Artist". Londra, aprile 1973.

Maurizio Fagiolo Dell'Arco, in lononrappresentonullaiodipingo, catalogo della mostra, Verona, Studio La Città, 1973.

Paolo Fossati, Un ritorno alla pittura?, in "Fuori campo", Torino, ottobre 1973.

R.V., in "Corriere della sera", Milano, 2 dicembre 1973.

Enzo Fabiani, Che cosa fanno i maestri di domani?, in "Gente", Milano, 7 febbraio 1974.

Jole De Sanna, Pittura come oggetto-spazio come pittura, in "Bazaar", Milano, ottobre 1974.

Guido Ballo, L'anticomportamento - spazio attivo/struttura, in "L'Europa letteraria e artistica", Milano, aprile 1975.

Guido Ballo Spazio / struttura, in "Notiziario Studio Marconi", Milano,1975.

Giorgio Cortenova, Empirica; l'arte tra addizione e sottrazione, Rimini, 1975.

Filiberto Menno, Le correnti pittoriche non-oggettive degli anni sessanta, in "L'arte moderna", n.100, Milano 1975.

Renato Bariili, Minimalismo in "L'arte moderna", n.106, Fabbri Editori, Milano 1975.

Maurizio Fagiolo Dell'Arco, Spazio attivo/struttura, in "II messaggero", Roma, 22 dicembre 1975.

Gianni Contessi, Trompe-l'oeil; i nodi della rappresentazione, nel catalogo della Galleria Stendhal, Milano, dicembre 1976.

Gianni Contessi, I nodi della rappresentazione, in "La tradizione del, II, n.3, Ravenna, giugno 1978.

Mario Perazzi, "Costruire" per l'arte, in "Corriere d'informazione", Milano, 20 settembre 1978.

Franco Quadri, I treni non passano in primavera, in "Panorama", Milano, 14 marzo 1978.

Cioncarlo Vigorelli, Passano da Milano i treni di Tardieu, in "II Giorno", Milano 25 febbraio 1978.

Paolo Paganini, Un teatro assurdo più a parole che a fatti, in "La Notte", Milano, 24 febbraio 1978.

Gastone Geron, Teatro poetico di Jean Tardieu, in "II Giornale", Milano, 25 febbraio 1978.

R.P., Nei treni Tardieu il teatro dell'assurdo, in "Corriere della sera" Milano, 25 febbraio 1978.

Elverio Maurizi, Surya, catalogo della mostra. Macerata, giugno-luglio 1979.

Riccardo Barletta, Panorama di architettura alla triennale, in "Corriere della sera", Milano, 17 gennaio 1982.

Flavio Caroli, Protagonisti tra tanti maestri i giovani artisti italiani, in "IL Globo", 12 giugno 1982.

Miklos Varga, Italia, in "Notizie d'arte", n.4, Milano, luglio - agosto 1982.

Enrico Crispolti, .In chartis 82, Fabriano, XXV Festival di Spoleto, catalogo della mostra, luglio 1982.

Renato Barilli, Mamma mia che implosione, in "Espresso", XVIII, n.26, Milano 4 luglio 1982.

Marco Rosei, Alla Biennale piace la linea italiana, in "La Stampa", Torino, 16 luglio 1982.

Filiberto Menna, in Costruttività, catalogo della mostra, Aosta, Tour de Fromage, novembre 1982.

Renato Barilli, La forza e i limiti dell'informale storico, in L'informale in Italia, Milano 1983.

Patrizia Serra, in Ecletismo e contaminatio, catalogo della mostra, Gavirate, Chiostro di Voltorre, 1984.

A.R., Aricò e Colombo come dire geometria e giochi prospettici, in "Corriere della Sera", Milano, 16 maggio 1984.

Giuseppe Curonici, Valori e preoccupazioni della ricerca geometrica, in "Corriere del Ticino", Lugano, 26 aprile, 1984.

Adriano Antolini, Morris, Aricò e Colombo, in "II Giornale", Milano, 29 aprile 1984.

Lydia Costamagni, Installazioni - Rodolfo Aricò, Gianni Colombo, in "Qui Milano", Milano, maggio 1984.

Gianni Contessi, Quando i sogni della ragione producono arte, in "L'Avvenire", Milano, 24 maggio 1984.

Renato Barilli, Una lacrima sul cubo, in "L'Espresso", XXX, n.21, Milano, 27 maggio 1984.

Gianni Contessi, Architetti-pittori e pittori-architetti - da Ciotto all'età contemporanea, 1985.

Bai rati-Pinocchi, Arte in Italia, voi.3, 1985.

Riccardo Barletta, Elogio dell'architettura, in catalogo della mostra, Acireale, XVIII Rassegna Internazionale d'arte, 1985.

Claudio Cerriteli!, Il corpo della pittura. Critici e nuovi pittori in Italia 1972-1976, Torino, 1986.

Luciano Caramel, La forma emozionata, catalogo della mostra, Milano Galleria Morene, 1986.

Alberico Sala, Quando la forma diventa emozione, in "Correre della Sera", Milano, 16 aprile 1986.

Giovanni M. Accame, Una ragione inquieta, catalogo della mostra, Morterone, Palazzo Municipale, 1986.

AA.VV., Aspekte der italianischen Kunst 1960/85, catalogo della mostra,Frankfurt, Berlin, Hannover, Wien, 1986.

Giovanni M. Accame, Ragione e trasgressione, catalogo della mostra, Carpi, ex convento di San Rocco, 1988.

Giovanni M. Accame, Le differenze somigliano. Otto pittori 1970-1990, catalogo della mostra, Milano-Udine, Galleria Plurima, 1989.

Giorgio Cortenova, Quei problematici anni settanta, catalogo della mostra, Roma, Galleria dei Banchi Nuovi, 1989.

Giovanni M. Accame, Rodolfo Aricò alla Turchetto/Plurima, in "Alub, Università Bocconi", anno 39, n.l, Milano, settembre 1989.

Lorenzo Mango, Anni settanta, le ragioni della pittura, in "Artinumbria”, anno VI, n.22, inverno 1989 - 1990.

Mauro Ponzerà, Senza titolo, per Rodolfo Aricò, in "Titolo", n.3, Perugia, inverno 1990 / 91.

Mauro Ponzerà, Rodolfo Aricò, in "Juliet", n.46, Trieste, febbraio 1990.

Martina Corgnati, Rodolfo Aricò, Turchetto / Plurima, Studio Grassetti, in "Flash Art", anno XXIV, n.162, giugno/luglio 1991.

Giovanni Maria Accame, La pittura riflessiva, Un'esperienza prima e dopo gli anni settanta, in "Flash Art", anno XXV, n.165, dicembre 1991/gennaio 1992.

Giovanni Maria Accame, Rodolfo Aricò, La pittura come forma e come superficie, in "Flash Art", anno XXVI, n. 174, aprile 1993.

Lorenzo Bonini, Senso e flessibilità della ragion pittorica, in "Art Leader" n.13, anno 3, luglio / agosto 1993.

Sabrina Zannier, Quando il tatto prevale sulla vista, in "Messaggero Veneto", 22 marzo 1994.

Sabrina Zannier, Rodolfo Aricò/Turchetto Plurima, in "Flash Art" n.184 maggio 1994.

Nathalie Vernizzi, Razionalismo Lirico, Ricerca sulla pittura astratta in Italia, All'insegna del pesce d'oro di Vanni Scheiwiller, Milano 1994.

Rodolfo Aricò - Esposizioni

Nasce il 3 giugno 1930 a Milano. Frequenta il Liceo Artistico di Brera, l'Accademia e la Facoltà di Architettura al Politecnico di Milano. La sua prima personale è del 1959 al "Salone " di Milano. 

1959

Milano, Salone.


1962

Milano, Salone.


1963

Torino, Galleria La Bussola.


1966

Milano, Salone.


1967

Verona, Galleria Ferrari.


1968

Venezia, XXXIV Biennale, sala personale.


1969

Milano, Salone, "Pondus".


1970

Milano, Salone e Studio Marconi.


1972

Milano, Salone.

Verona, Studio La Città.


1973

Milano, Galleria Vinciana.

Balzano, Studio 3B.

Roma, Galleria Godei.


1974

Venezia, Palazzo Grassi, mostra antologica.


1975

Milano, Centro Jabik & Colofon, "Progetti", Balzano, Galleria II Sole.


1976

Verona, Galleria Ferrari.

Firenze, Galleria La Piramide.

Trieste, Galleria Tommaseo.

Bologna, Galleria Fabjbasaglia.


1977

Ferrara, Parco Massari, Padiglione d'Arte Contemporanea, antologica.


1978

Milano, Salone.
Balzano, Galleria II Sole.Mantova, Galleria II Chiodo.


1979

Ancona, Interarch.Bologna, Galleria Trimarchi.


1980

Mantova, casa del Mantegna, "Rodolfo Aricò - Mito e architettura", antologica.

1982

Milano, Studio d'Ars, "Carte - note".

1983

Padova, Galleria La Chiocciola, "Mito e architettura in progetto".

1984

Milano, Padiglione d'Arte Contemporanea, PAC, "Rodolfo Aricò".

1985

Milano, Centro.

1986

Udine, Galleria Plurima.

1987

Milano, Studio Marconi.Suzzara, Galleria 2E, associazione culturale Svizzera.

1989

Milano, Galleria Turchetto / Plurima.

1991

Milano, Galleria Turchetto/Plurima.Milano, Studio Carlo Grossetti.

1992

Verona, Galleria Ferrari.Bologna, Galleria Baska.

1993

Milano, Lorenzelli Arte
Venzone, Palazzo comunale, "La memoria dell'antico”.

1993

Udine, Galleria Plurima.

1994

Milano, Turchetto / Plurima.

Mantova, Galleria M. Corraini.

1995

Perugia, Rocca Paolina.

1996

Udine, Galleria Plurima.

1997

Milano, Galleria Aorte.

1999

Pontedera, Liba Arte contemporanea.

2000

Bologna, Accademia di Belle Arti, Istituto di Pittura.

2001

Milano, Spazio.

2003

Innsbruck, Kaiserliche Hofburg.

2005

Darmstadt Institut Mathildenhoe.

Hanau, Galerie Konig.

Londra, Barbara Behan Cotemporary Art.

 

ESPOSIZIONI COLLETTIVE

1957

Milano, Premio Città di Milano. Roma, Mostra della giovane pittura italiana. New Haven ( USA ), Yale University.

1958

Milano, Premio San Fedele. 

Milano, Palazzo della Permanente, "Giovani artisti italiani".

1959

Milano, Premio San Fedele.

Spoleto, Festival dei due mondi.

Roma, Galerria L'Attico, "Possibiltà di relazione".

1960

Milano, Galleria Apollinaire, Premio Apollinaire.

1961

Repubblica di S.Marino, Biennale di pittura.

Marsala, Premio città di Marsala.

Castelfranco Veneto, Premio Giorgione-Poussin.

Swansea ( Gran Bretagna ), Glynn Vivian Gallery.

Boston ( USA ), Cambridge Art Association, "7 italian Artists".

Repubblica di San Marino, Biennale Internazionale d'Arte.

Lissone, Premio Lissone.


1962

Bologna, Palazzo di Rè Enzo, "Nuove prospettive della pittura italiana".

Boston (USA), Cambridge Art Association.

L' Aquila, "Alternative attuali".

1963

Repubblica di San Marino, Biennale Internazionale d'Arte.

Lissone, Premio Lissone.

L' Aquila, "Aspetti dell'Arte Contemporanea".

San Paolo (Brasile), Biennale.

Torino, Galleria II Punto, Mostra di disegni del volume Disegni e parole, ed. Del Pozzo.

Bologna, Galleria Duemila, "Mostra dei collage".

Milano, Galleria Levi, mostra collettiva.Bologna, Galleria de' Foscherari, "Quattro pittori e due scultori".

1964

Venezia, XXXII Biennale.

Castelletto Ticino, Premio Castelletto Ticino.

Locarno, ( CH ), Galleria Flaviana, "Maestri italiani dell'arte contemporanea".

1965

Repubblica di San Marino, Biennale Internazionale d'Arte.

IX Cannes, Dortmund, Kóln, Bergenz, Oslo, Edimburgh, Oxford, Quadriennale d'arte contemporanea italiana.

Milano, Galleria Vismara, "L'altre cose io v'ho scorte".

Verona, Galleria Ferrar!, "La critica e la giovane pittura italiana oggi".

Macerata, Galleria Scipione, "5 artisti italiani".

Roma, Galleria Odyssia, "Una generazione".

Cortina d'Ampezzo, Galleria Hausamman, "Otto pittori".

Monaco di Baviera, Mostra di pittura italiana contemporanea.

1966

Roma, Galleria nazionale d'arte moderna, "Aspetti dell'arte italiana contemporanea".

Dortmund, "Moderne kunst aus Italien".

Oslo, Mostra di pittura italiana.

Klagenfurt, (Austria), Galerie Hildebrand, "Konfrohtation 1966".

Parigi, XXIème Salon des réalités nouvelles".

1967

Repubblica di San Marino.

Biennale Internazionale d'arte.

Ancona, Biennale arti figurative.

1968

Venezia, XXXIV Biennale.

Milano, Salone "1968".

1969

Torino, Galleria Christian Stein.

Malmo (Svezia), Galerie Leger.

Caravate, Galleria Cadario, "Dal segno all'oggetto".

Milano, Salone , "Oggi".Bruxelles, Palais des Beaux-Arts, "Europalia 69 - Saison italienne".

Modena, Istituti culturali, I Rassegna internazionale delle gallerie di tendenza italiana.

Copenaghen, Istituto italiano di cultura.

Bergamo, Centro internazionale ricerche plastiche.

1970

Ferrara, Palazzo dei Diamanti, "Possibilità di relazione - una mostra dieci anni dopo".

Bolzano, Galleria Goethe, "Aspetti dell'arte italiana".

Rolanseck (Germania), "Neue italianische Kunst".

1971

Lecco, "Immagini oggi in Italia", opere e progetti per una registrazione dei lavori in corso.

Ciutat de Granollers (Barcellona, Spagna), I Mostra Internazionale d'arte, "Hommage a Joan Mirò".

KlagenFurt (Austria), Galerie Makon, "Illumination, Internazionale Graphikaus Italien".

Milano, Galleria Vinciana, "Quale chiarezza?".

Fano, Comune, "Multipli".

Città del Messico (Messico), Museo d'arte moderna, "20 artisti italiani".

1972

Dusseldorf, "IKI".

Milano, Salone "Oggi".

Venezia XXXVI Biennale.

Milano, Galleria Vinciana, "II gioco delle parti".

Brescia, Galleria San Michele.

Padova, Galleria La Chocciola.

Bologna, Galleria San Luca.

1973

Verona, Studio La Città, "lononrappresentonullaiodipingo".

Livorno, Casa della Cultura e Genova, Galleria La Polena, "Tempi di percezione".

Basilea, "Art 4 '73".

1974

Milano, XXVIII Biennale "Città di Milano".Salò, Centro Sant'Elmo.Basilea, "Art 5 '74".

1975

Montreal, Galerie -Espace 5 e Parigi, Galerie Templon "Peinture italienne aujoud'hui".

Milano, Salone , "Du còte de Grossetti".

Milano, Salone "Carte progetti".

Basilea, "Art 6 '75".

Milano, Studio Marconi e Roma, Galleria Rodanini, "Spazio attivo - struttura".

Milano, Galleria Solferino, "La pittura l'interno".

Milano, Galleria Gastaldelli, "Mosaico 1975".

San Martino di Lupari (Padova), "Rassegna Triveneta dell'arte contemporanea".

Milano, Galleria Stendnal, "Trompe l'oeil".

1976

Modigliana di Forti, "II colore nella pittura".

Bologna, "Arte fiera '76".

1977

Firenze, Galleria La Piramide, "Metanalisi".

Milano, Galleria Vinciana, "II gioco delle parti".

Milano Studio Marconi, "Pratica Milano 1977", manifestazioni sulla ricerca estetica a Milano.

Torino, Museo d'arte moderna, "1960-1977 arte in Italia".

Milano, Stio d'Ars, "Una proposta per il 1978".

1978

Monaco di Baviera, Vorariberg (Tirolo).

Salisburgo, Canton Grigioni, Trento, Bolzano, Milano, Mostra associazione regioni Alpi Centrali (Argealp).

Ravenna, Pinacoteca comunale, "I nodi della rappresentazione".

Gelsenkirchen (Germania), Stadtmuseum, "Kunstszene Oberitalien".

Messina, Museo nazionale "Grafica 78 internazionale".

1979

Bologna, Artefiera, "Sistina società per arte".

1980

Milano Galleria Artecentro, "II disegno interno".

Milano Studio Marconi, "Genealogia - derivazioni - deviazioni".

1981

Milano Galleria Artecentro, "Pendant".

Gavirate (Varese), chiostro di Voltorre, "L'attimo fuggente".

Roma, Palazzo delle Esposizioni, "Linee della ricerca artistica in Italia 1960 / 1980".

Lecco, Villa Manzoni, "30 anni d'Arte Italiana 1950/1980. La struttura emergente e i linguaggi espropriati".


1982

Milano, Palazzo dell'Arte, "Idea e conoscenza".

Milano Studio Grossetti, "L'enigma geometrico".

Londra, Hayward Gallery, "Arte italiana 1960-1982".

Spoleto, 25° Festival, Museo Civico, "In chartis 1982".

Aosta, Tour Fromage, "Costruttività".

Roma, Galleria II Segno, "Arte in equilibrio".

1983

Milano, Galleria II Milione, "Moderno&moderno".

Baden Baden, III Biennale della Grafica Europea.

Bologna, Galleria d'arte moderna, "L'informale in Italia".

1984

Lugano, Studio d'arte contemporanea Dabbeni, "Valore geometrico".

Gavirate (Varese) Chiostro di Voltorre, "Ecletismo e contaminatio".

Certaldo, Palazzo Pretorio, "Equilibrio".

Como, Galleria II Salotto, "Flatland".

1985

Milano Palazzo Dugnani, "Intelligenza dell'effetto, la messa in scena dell'opera d'arte".

Acireale, XVIII Rassegna internazionale d'arte, "Elogio dell'architettura".

1986

Kunstverein, Frankfurt, Berlin, Hannover, Bregenz, Vienna, "1960-1985 Aspetti dell'arte italiana".

Venezia, Biennale di Venezia, "Arte e scienza", sezione "II colore".

Milano, Galleria Morone, "Aricò, Vago, Verna".

Morterone, Pro loco, "Una ragione inquieta".

Milano, Studio Carlo Grossetti, "Contemporaneità".

Milano, Centro , "Utopia".

Milano, Galleria Milano, "La superficie".

1987

Ravenna, Loggetta lombardesca, "Disegnata".

Verona, Studio La Città, "20 anni fa".

Monaco, Galerie der Kunstler Munchen e Ingostadt, Kunstverein, "Emotion und method".

1988

Carpi, ex convento di San Rocco, "Ragione e trasgressione".

Milano, Studio Grossetti, "Italiana".

Milano, Studio Marconi, "Milano punto uno".

1989

Milano, Studio Grossetti, Aricò, Gastini, Migro".

Milano, Galleria Lorenzelli, "Aricò, Dorazio, Gadair, Jackson, Matino".

Milano, Padiglione d'arte contemporanea, "10 anni di acquisizioni".

Milano, Galleria Turchetto / Plurima, "Le differenze somigliano. Otto pittori 1970-1990".

Roma, Galleria Banchi Nuovi "Quei problematici anni settanta".

1990

Milano, Galleria "II segno e la luce".

1991

Stockholm, "Bildilyrik Fràn Italien"

1992

Moconesi, "Impegno e poetica della pittura italiana".
San Filippo Neri ( Torino ), "Progetto Dioce".

1993

Venzone, Palazzo comunale, "La memoria dell'antico", pittura: Aricò, scultura: Pardi.

1994

Milano, "XXXII Biennale Nazionale d'Arte di Milano"

1995

Venezia, Palazzo Ducale, "Percorsi del gusto", centenario della Biennale.

1996

Milano, Palazzo della Permanente, "Rassegna"

1998

Milano, Fondazione Stelline, "La luce dell'invisibile".
Rho, Villa Burba, "Lo spazio ridefinito".
"Arte italiana. Ultimi quarant'anni. Pittura aniconica". Galleria d'Arte Moderna, Bologna.

1999

Roma, XIII Esposizione Nazionale Quadriennale d'Arte "Proiezioni 2000".

2000

Crespano del Grappa, Galleria Andrea Pronto, "Tré pietre", Aricò, Griffa, Pinelli.

2004

Colonia, Art Cologne New Art, Stand Grossetti Arte Contemporanea.

Rodolfo Aricò - Bio

Nasce il 3 giugno 1930 a Milano. Frequenta il Liceo Artistico di Brera, l'Accademia e la Facoltà di Architettura al Politecnico di Milano. La sua prima personale è del 1959 al "Salone " di Milano. 

Nel 1962 è invitato a "Palazzo di Re Enzo" a Bologna alla manifestazione Nuove prospettive della pittura italiana. 

Nel 1964 è alla Biennale di Venezia. Roberto Sanesi, nel 1965, gli dedica un volume dal titolo Reperti: per Uno studio della pittura di Rodolfo Aricò. Giulio Carlo Argon presenta la personale alla Galleria "L'Attico" di Roma nel 1967. 

Nel 1968 ha una sala alla XXXIV edizione della Biennale di Venezia. Espone a Milano al "Salone " nel 1970 contemporaneamente con lo "Studio Marconi". Gillo Dorfles lo invita ad una mostra a Barcellona, nel 1971 per un omaggio a Joan Mirò, nello stesso anno riceve l'incarico dell'insegnamento di Scenografia presso l'Accademia di Urbino.

Nel 1973, Maurizio Fagiolo lo invita alla mostra lononrappresentonullaiodipingo allo "Studio la Città'" di Verona. È invitato ad una antologica a "Palazzo Grassi" di Venezia da Roberto Sanesi, nel 1974; nell'occasione riunisce le opere che aveva programmato fin dal 1968 come work in progress. 

Nel 1975 invitato da Giancarlo Politi, è dapprima a Montreal e poi a Parigi. E' a Verona e Rimini, invitato da Giorgio Cortenova; a Milano allo "Studio Marconi" e a Roma alla Galleria "Rondanini" con una mostra Spazio attivo / struttura curata da Guido Ballo.

Nel 1976, Maurizio Fagiolo lo invita ad una mostra II colore nella pittura a Forlì. L' anno successivo il Comune di Ferrara gli mette a disposizione Gli spazi del Padiglione d'Arte Contemporanea di Parco Massari per una Mostra antologica. Gianni Contessi, nel 1978, lo invita insieme a Franco Pardi. Gianni Colombo, Giuseppe Uncini e con gli. architetti Aldo Rossi, Ajmonino e Franco Purini per una mostra I nodi della rappresentazione allestita nelle sale della Pinacoteca di Ravenna. In quest'anno, realizza una scenografia per il teatro dell'assurdo di Tardieu al Teatro Pier Lombardo di Milano.

Nel 1979 Tommaso Trini lo invita alla mostra Sistina alla Fiera dell'Arte di Bologna. L' anno dopo è alla "Casa del Mantegna" a Mantova per una Antologica organizzata da Gianni Contessi. 

Nel 1981, Nello Ponente lo invita alla mostra Linee della ricerca artistica italiana, 1960 / 80 al "Palazzo delle Esposizioni" a Roma. Nello stesso anno partecipa a 30 anni d'Arte Italiana 1950/80, la struttura emergente e linguaggi espropriati, a Villa Manzoni di Lecco. 

Nel 1982, Aldo Rossi lo invita alla triennale di Milano per la Mostra Idee e conoscenza. 

Nel 1983 è a Bologna, Galleria d'Arte Moderna e a Baden-Baden. Il museo d'Arte Moderna di Milano gli acquista un'opera del 1976 e lo invita al PAC, dove nell' 1984 espone opere recenti e concepite negli anni 1976 / 69 / 70.

Nel 1985 è ancora a Milano, Palazzo Dugnani per partecipare ad una mostra L'intelligenza dell'effetto. L'anno seguente partecipa alla mostra itinerante, curata da Flavio Caroli 1960/1985, aspetti dell'Arte Italiana, prima a Francoforte, poi a Berlino, Hannover, Bregenz e Vienna; è invitato alla XLII "Biennale di Venezia" nella sezione II Colore; Luciano Caramel lo invita ad una mostra alla Galleria Morene. 

Nel 1987, per una personale, presenta opere destrutturali alla Galleria Marconi di Milano; è invitato da Concetto Pezzati alla mostra Disegnata alla "Soggetta Lombardesca" di Ravenna; Luigi Meneghelli lo invita alla mostra 20 anni fa alla Galleria "La Città" di Verona; Eberard Simons lo invita a Monaco e poi a Igostadt. 

Nel 1988, G.M.Accame lo invita alla mostra Ragione e trasgressione all'ex convento di San Rocco di Carpi. 

Nel 1989 e 1991 allestisce una personale alla Galleria "Turchetto / Plurima" di Milano, dove presenta una serie di lavori recenti. 

Nel 1992 è invitato a Moconesi (Torino) per una mostra intitolata "Progetto Dioce" con un'opera del 1965 di richiamo orfico. 

Nel 1993 con una personale alla "Lorenzelli Arte", Aricò compone una serie di opere di metri 200 x 300 che finalizzano il suo orientamento verso quel che ama definire del Senso. Sono opere che uniscono alla componente estetica quella della emozione. 

Nel 1994 allestisce due mostre personali: una alla Galleria Plurima di Milano e l'altra a Mantova alla Galleria Corraini. 

Nel 1995 è invitato ad una antologica per le Sale della Rocca Paolina di Perugia. 

Nel 1996 allestisce una personale alla Galleria Plurima di Udine. 

Nel 1997, mostra personale intitolata: "Sere" Alla Galleria Aorte, Milano. 

Nel 1998, è invitato alla mostra "Arte italiana. Ultimi quarant'anni. Pittura aniconica". Galleria d'Arte Moderna, Bologna. 

Nel 1999 è invitato all'Esposizione Nazionale Quadriennale d'Arte di Roma.

Nel 2001 tiene la sua ultima mostra personale presso lo Spazio.

Muore nel 2002.

Giulio Cassanelli - Esposizioni

Nasce a Bologna il 22 Giugno 1979.

 

 

Solo Exhibitions

Kairos, LABS Gallery, Bologna 2015

Kairos, MUST GALLERY, Bologna 2015

Project Room, Fondazione Palazzo Magnani, Reggio Emilia 2012

Respirare, Grossetti Arte Contemporanea, Milano 2012

 

 

Group Exhibitions

StreetScape 4, Como 2016

“patchwork #2, MUST GALLERY, Svizzera - Lugano 2015

#NuoviCodici, VIII Biennale di Soncino, (Palazzo Stanga Trecco) Cremona 2015

Heart Modulation I & II, Galleria Grossetti, Venezia2015

ARIA (Trasparenze), LUIS Università Guido Carli, Roma 2015

“patchwork, MUST GALLERY, Svizzera - Lugano 2014

Pulsar_Arte e musica dallo spazio, INFINI.TO – Planetario di Torino, Torino 2014 

La Creazione, Mostra dei finalisti del Premio Artivisive San Fedele, Milano 2014

bRIGHETTIcASSANELLI, Art Jungle, Reggia Venaria Reale, Torino 2013

Artour-o, Premio GAT, Firenze 2013

Follow Fluxus, Fondazione Palazzo Magnani, Reggio Emilia 2012

Oltre l’Attimo, Grossetti Arte Contemporanea, Bologna 2012

Una collezione che attraversa il tempo – 1958/2011, Grossetti Arte, Milano 2011

White Meditation Room, Grossetti Arte Contemporanea, Bologna 2011

Past Is Not Alone, XI Biennale di Istanbul 2009

Imprimatur 2, Sant’Elena, Venezia 2009

Target With Seven Faces, Galleria Emmeotto, Roma 2009

On Rail – Arte Mobile, Manifesta7, Bolzano 2008 

Arte Fiera, Arte Fatta a Pezzi, Bologna 2008

 

 

Art Fairs

Arte Fiera, MUST GALLERY & LABS Gallery, Bologna 2016

Arte Fiera, MUST GALLERY & LABS Gallery, Bologna 2015

The Others Fair, MUST GALLERY, Torino 2014

SetUp Art Fair, Bologna 2014

Arte Fiera, Zak Project Gallery, Bologna 2013

 

 

Prizes

Finalista Premio San Fedele Arti Visive, 2014 

Artour-o, Premio GAT, Firenze 2013

Selected Work, Premio Celeste, 2009

Giulio Cassanelli - Bio

Nasce a Bologna il 22 Giugno 1979.

Da giovane inizia ad avvicinarsi alla ricerca artistica attraverso la macchina fotografica e un lungo processo di formazione ed esperienze lavorative. Si concentra sulla mutevolezza dell'estetica e inizia a cercare dei soggetti fotografici che possano custodire le piccole variazioni di un “bello continuo”. Dal 2008 la ricerca si sofferma su alcuni soggetti di scarto per mettere a fuoco l’unicità che il tempo regala agli oggetti abbandonati.

In questo periodo la ricerca si muove verso nuovi medium e inizia lo sviluppo della tecnica pittorico/performativa che gli permette di colorare le bolle di sapone in volo, per catturarne prima dell'esplosione, una traccia unica e irripetibile. 

Dal 2015 lavora tra Italia e Svizzera.

Mats Bergquist - Esposizioni

Nasce a Stoccolma nel 1960.

MOSTRE PERSONALI

 

2010

Weinberger Gallery, Copenhagen 

Silent Prayer, Grossetti Arte Contemporanea, Milano 

2009

Galleria Johan S, Helsinki March 

Konstruktiv Tendens, Stockholm

2008

Weinberger Gallery, Copenhagen 

Konstruktiv Tendens, Stockholm

2007

Gallerie de Suede, Paris 

2006

Nordiska Galleriet, Stockholm 

Konstruktiv Tendens, Stockholm

2005

Dalarnas Museum, Falun

2003

Amedeo Porro, Milano 

Boffi Showroom, Milano

2000

Weinberger Gallery, Copenhagen 

1999

Nilufar, Milan 

1998

Doktor Glas Gallery, Stockholm 

The Gallery, Växjö 

Sölvesborg Konsthall 

1997

Södermanlands Museum, Nyköping 

Weinberger Gallery, Copenhagen 

1994

The Gallery, Växjö 

Doktor Glas Gallery, Stockholm 

Ann Westin Gallery, Stockholm 

1991

Eralov Gallery, Rome 

1988

The Gallery, Växjö 

1987

Christina Gallery, Eskilstuna

Lång Gallery, Malmö 

1984

Sten Eriksson Gallery, Norrköping 

1983

Gunnar Olsson Gallery, Stockholm

 

 

MOSTRE COLLETTIVE

 

2010

Arte Fiera Bologna, Grossetti Arte Contemporanea, Bologna 

MiArt, Grossetti Arte Contemporanea, Verona

2009

Selection, Grossetti Arte Contemporanea, Milano

ArtVerona, Grossetti Arte Contemporanea, Verona 

Art Cologne, Grossetti Arte Contemporanea, Verona 

2008

Choice, Grossetti Arte Contemporanea, Milano 

2007

UNALINEACONTINUA, Grossetti Arte Contemporanea, Milano

 

 

LAVORI PUBBLICI

 

2009

Novy Dvur, Repubblica Ceca

2008

Sweden House, Bruxelle

1995

Arrhenius laboratory, Stockholm University

 

 

Mats Bergquist - Testi

Nasce a Stoccolma nel 1960.

 

Dark with invisibile bright - Alcuni indizi sulla pittura di Mats Bergquist

Tatto.

Nella pittura tradizionale si può descrivere il percorso tra il pittore e il pubblico come quello tra la mano e I'occhio; la mano del pittore da forma a un'immagine, a una superficie che viene accolta dall'occhio dell’osservatore. Per Mats Bergquist la strada è diversa. Qui la mano ha dato forma a un'immagine - o una mancanza d'immagine, dipende da come si definisce immagine - che comprende anche il tatto. Toccare queste superfici accoglienti è forse il modo giusto per vivere questa pittura.

Iconicità. 

Un'arte cosi tattile la incontriamo già nella tradizione iconografica bizantina con l'inizio dell'alto medioevo, una tradizione che ancora esiste nella cristianità greco-ortodossa. L'icona è una tipologia figurativa con severe regole per motivo, composizione, modo di rappresentare e scelta del materiale. II rappresentato, Cristo, Maria, il santo, ha una presenza immediata nell'immagine; toccarlo è un modo per partecipare alla divinità. L'immagine non è una rappresentazione ma una incarnazione, non indica, è.

Noli me tangere. 

A volte troviamo un divieto di toccare nella pittura di Mats Bergquist. In un dittico composto da due quadrati neri, legati dall' essere I'uno concavo e I'altro convesso, la parte concava ha una superficie del tutto opaca e senza riflessi, cosi fragile che ogni contatto lascerebbe impronte. Però forse non si tratta di un divieto di toccare, ma piuttosto di un monito alla prudenza, del suggerimento che ogni contatto lascia tracce (... di un monito di fronte alla profondità di un abisso).

Sottofigura. 

In letteratura svedese si usa la parola "undertext" per significati che stanno in uno strato al disotto del senso più immediato; al disotto del testo sta quel significato che dà vita al testo, in qualche modo I'essenziale. In pittura si potrebbe parlare di sotto figura, come di quella o quelle immagini che si trovano sotto ciò che è immediatamente visibile. Nel caso di Mats Bergquist queste sono più facili da immaginarsi. Chi può sapere quali sono le immagini che c'erano una volta, che ci sono ancora ma coperte, che l'artista si era immaginato ma non ha mai eseguito? Un'immagine invisibile però illuminata, illuminata da disotto..."Dark with invisible bright" mi sembra che John Milton scriva in Paradise Lost. Non è cosi?

Carl-Johan Malmberg

 

 

Là dove tutto è già avvenuto e tutto continua

Raramente si pensa, nell'osservare un’icona del XVI secolo, al di là della sua pregnanza pittorica, alle incredibili vicende che l’hanno preceduta. Se si rileggono le cronache, ormai storia, conseguenti ai vari editti e concili relativi all’iconoclastia e al ripristino del culto di quelle immagini, si resta sgomenti e increduli di quanta tensione, sofferenza e dedizione abbiano potuto suscitare. Quell'epopea attorno a cui si sono qiocati destini personali di uomini di religione ma anche strategie di imperi laici e di gerarchie ecclesiastiche si può dire che giunga, quasi con eguale spinta, sino all’alba del nostro secolo, nella stessa Russia, dove l’icona ha conosciuto una parte considerevole delle sue origini e dei suoi caratteri.

La straordinaria intuizione suprematista di Malevich ha dischiuso, con il Quadrato nero (1913) un estremo capitolo di quella epica tradizione pittorica mistica. E a lui tutta la pittura del Novecento deve la possibilità di riconquista autorevole dello spazio del quadro come luogo di supremo pronunciamento di un credo morale non oggettivo. Quanto fosse fondata l’azione intrapresa da Malevich, cioè radicata nella cultura ortodossa iconografica e quanta al contempo fosse rivolta a dischiudere su quel fondamento una nuova possibilità per la pittura a venire, si può oggi definitivamente apprezzare e misurare, sia in ordine alle conseguenze che dalla sua opera in poi si sono prodotte, sia in relazione al drammatico esito della vicenda personale e della sua stessa generazione, preannunzio, incompreso allora, della catastrofe successiva in cui sarebbe stato coinvolto il suo paese e la stessa storia europea. L'oscuramento dell’immagine evoca una consunzione, un lento logoramento, uno stratigrafico deposito di agenti esterni alla pittura come la polvere, il fumo o altri elementi che col tempo si sono sovrapposti alla primitiva azione dell’artefice.
Ma nel gesto del pittore del XX secolo, la scelta del campo oscuro, della sottrazione cromatica, reca una determinazione radicale, una volontà di introdurre un grado zero necessario per chiudere ogni precedente proposizione e poter riaprire ogni altra possibile speculazione.

È a quella fonte critica di tutta la pittura precedente e al contempo estremamente rigogliosa che credo si debba coniugare l' opera odierna di Mats Bergquist.
La quale, se pur si giova di altre, più articolate vene di alimentazione, non esclusa quella di un ritorno alla disciplina meditativa costante, che di ogni autentica spazialità è il movente generatore, ha sempre avvertito la necessità di ritrovare un proprio registro su quella supremazia di univocità cromatica. Se si osserva, infatti, il processo che ha portato Bergquist alle opere attuali documentate in queste pagine, ci si accorge di come egli abbia costantemente compiuto la medesima scelta linguistica, cioè quella della considerazione del campo cromatico inoggettivo, pressoché uniforme nella stesura del colore, tendenzialmente mono, bi o tricromatico, puramente astratto, mediante l'uso del colore opaco o scarsamente brillante. Anche quando si retrocede alle opere concepite e realizzate a Farfa In Italia, bicromatiche e a strisce alternate, che taluno ha voluto confrontare con le superfici dl Buren, a mio avviso impropriamente, giacché il francese (come Mondrian) non ha mai aderito alla linearità diagonale né alle stesure di cancellazione o abrasione, presenti invece nell' opera di Bergquist, la scelta cromatica è ridotta a pochissime valenze. Peraltro il ciclo di quelle opere dei primi anni Novanta potrebbe essere più coerentemente raffrontato con certo alfabeto pittorico di Sol LeWitt, dedito a forme di righe in vari colori e in bianco e nero, realizzate persino in alcuni wall drawings in Italia.

Le opere di Bergquist realizzate a Farfa, Senza titolo, a base di oli e ossidazioni su rame, di varie dimensioni, già formulano, al proprio interno, una qualità umbratile che più compiutamente e nitidamente si riafferma dunque in questo estremo ciclo della fine degli anni Novanta. A una più stringente sequenza di relazioni tra questi recenti lavori e il resto dell'opera di Bergquist vanno invece ricondotte sia le prime 'icone' di cui scrive subito il filosofo coetaneo Hans Ruin, stavolta evocando giustamente il 'sacro' e talune relazioni con l'opera di Barnett Newman, sia il considerevole gruppo di tempere realizzate tra il 1995 e il '97 su diversi supporti e di diverse dimensioni da me stesso osservate nella mostra ordinata nel museo di Södermanlands di Nyköping in Svezia, durante un viaggio nel '97.

Se per quell'arco della sua produzione Bergquist lasciava intendere che la sua scelta di parzialità poteva benissimo aver tratto le mosse da certa iconografia veneta e soprattutto dal fondo disadorno di motivi e tripartito di quella tavola di Alvise Vivarini Madonna col Bambino che egli stesso indica alla lettura critica di Nina Weibull, quale matrice possibile delle sue tempere, quel riferimento non appare ormai che come la dinamo d'avviamento o, se si vuole, il caposaldo di un moto progressivo di affinamento verso una misura interiore che all'icona e alle sue potenzialità rivolge, ormai da tempo, un preciso investimento emozionale e riflessivo. Per un'analoga suggestione, ricordo che la disposizione spaziale dell'Intera mostra osservata a Nyköping, evocava a me un'altra opera dell'Umanesimo, quel dipinto del Beato Angelico sullo scoperchiamento di sepolcri, in prospettica fuga dal sarcofago principale verso un aperto paesaggio. Già nelle opere di quel biennio, si afferma una spazialità che reca una forte valenza di rapporti proporzionali tra i campi cromatici in cui ciascuna tempera è strutturata; di solito due o tre o più campiture confinanti a comporre dittici come Interior (1995) o il Triptyk (1995) o Lazarus (1997) di quattro parti, o Senza titolo (1996) di grandi dimensioni (305x 230). Inoltre, le tavole già presentano la superficie ricurva che ora è divenuta un elemento distintivo di minore o maggior evidenza, ma costante in ogni opera. La curva impressa a quelle opere, oltre a rammemorare una naturale deformazione a cui molte tavole antiche sono andate soggette, sia tra le piccole icone sia tra le grandi pale, conferiva alla superficie un lieve rigonfiamento, quasi un respiro trattenuto, tale da stemperare la riquadrata rigidità delle tavole. Nella pittura monocromatica degli anni Sessanta - Settanta, a questa
valenza spaziale del rigonfiamento della superficie con evidenti ed enfatici effetti di aggetto aveva rivolto la propria attenzione Graubner, giungendo a risultati interessanti. Ma in Berqquist l'attenzione per la stondatura delle superfici è evidente recupero di quella curvatura 'storica' delle tavole, quasi una citazione.

In tema di riferimenti, invece, quelle opere osservate a Nyköping sembravano avere regole proporzionali e rapporti cromatici più dialettici con la pittura di Brice Marden degli anni Settanta - Ottanta, piuttosto che con quella di Günther Forg, per quanto quest'ultimo si mostrava più mobile e volubile nell'uso dei supporti e nella stessa modalità di impiego del colore; l'ortodossia pittorica e spaziale di Marden, ritmicamente armoniosa e proporzionalmente incline al rapporti aurei, sembra poter essere chiamata, relativamente, in causa per fornire qualche precedente di riferimento a quel trascorso di Bergquist.
Ma con questo ultimo germoglio della sua creazione che approfondisce l'aspetto riduzionista già presente nell'impianto linguistico di tutta la sua opera, Bergquist conferma, sia dal punto di vista concettuale che tecnico, la sua inclinazione alla inoggettività iconografica e al contempo un interesse deciso per la sfera operativa nodulogica.

Recentemente, l’approfondimento di Bergquist verso interessi meditativi rivolti alle pratiche Zen ha riaffermato una sua radicalizzazione nella scelta delle varianti cromatiche delle opere che si sono definite attorno all'antinomia del rapporto tra il nero e il bianco. Le nuove opere infatti, attestate quasi esclusivamente sull'elaborazione di tavole con la tecnica della produzione delle icone a base dunque di supporti lignei rivestiti di tela di lino, trattati con vari strati di colla di coniglio, gesso e pigmenti, con interventi di abrasione delle superfici preventivamente munite di curvatura e rifinite con l'encausto, sembrano affermare l'assolutezza delle scelte dietro cui si muove un pensiero neo-suprematista, la cui ortodossia concettuale investe anche la sfera del vissuto.

Da tale orientamento sono emerse, nelle residenze di Bassano del Grappa e di Marostica, dove attualmente Bergquist lavora la serie delle cento Guide (1998) ispirate al film di Tarkowsky Stalker - moduli lignei che alla sommità della superficie bianca o diversamente scurita dall'encausto come dopo una combustione, recano una zona marginale nettamente nera ottenuta col nero di vite e col nero avorio di rilevante opacità. Accanto a quella teoria di lavori esaltati da una manualità premurosa e austera, sono altresì emerse opere come Icona (1998) come Codex (1998) di gran respiro, entro cui si leggono regole proporzionali ben definite e di notevole equilibrio. Tra i legni adoperati per i supporti, si osservano il ciliegio, il tiglio e il pero ungherese. Con quest'ultima fibra è realizzata un'altrettanto variegata serie di volumi cubici concepiti con diverse quote anch'essi tuttavia recanti una sola faccia lievemente ricurva e ribassata, come una volta tirata dai quattro vertici del volume. Pur essendo concepiti come 'insieme', le singole unità cubiche possono occupare lo spazio quali 'frammenti' privi di vocazione assoluta, come invece le grandi tavole rivendicano.

Tutte queste ultime morfologie ribadiscono il valore primario e supremo del corpo dell'opera, della sua desertificazione e spoliazione da orpelli narrativi, una necessità di versamenti gestuali iterativi e dunque dominati dal tempo che assieme alla sensibilità per il colore, o meglio, all'attitudine alla sua sottrazione, hanno determinato l'aspetto di manualità meditata e vissuta, come una preghiera, di ognuna di queste opere. Fronte nuovamente avanzato di una intensità spirituale che del 'sacro' condivide l'autenticità della mozione interiore e l'invisibilità resa manifesta dal gesto compiuto sui materiali, sulle loro proporzioni.
Mediante atti di nuova trasformazione, sorvegliata dal desiderio oetico, di mettere in equilibrio l'ombra e la luce, la stasi e l’osmosi, l'assente e il vivente.

 

 

Altri testi

2000, Gioiello, Bruno Corà

1984 Carl-Johan Malmberg, in “Paletten” nr 1

1991 Carl-Johan Malmberg, in “Kris” nr 43-44

1992 Cecilia Casorati, Mats Bergquist

1993 Hans Ruin, in “Next” nr 29

1995 Hans Ruin, Om Mats Bergquist Konst

1997 Nina Weibull, M.B.

2000 Bruno Corà in “Là, dove tutto è già avvenuto e tutto continua”

2004 Stefania Portinari in “View Magazin”

2008 Carl-Johan Malmberg, in “Dark with invisible bright”

Stefania Portinari in “Messe in opera per Palladio”

2011 Guido Schlimbach, “Alles was wir wünschen”, in: Via Lattea, Kunst-Station Sankt Peter (Kat.)

2012 Angela Holzhauer, “Seelenruhe”, in “oT Magazin”, Sept./Okt.

Vita von Wedel, Kunstmarkt, in “Frankfurter Allgemeine Sonn- tagszeitung”

Gabriele Amadori - Testi

Nato a Ferrara nel 1945. Vive e lavora a Milano.

“Lo spazio” serve proprio a tale scopo, poiché la funzione fantastica non è che questo: riserva infinita d’eternità contro il tempo (…. ) Lo spazio è nostro amico, la nostra atmosfera spirituale, mentre invece il tempo corrode.

Gilbert Durand, Les structures anthropologiques de l’imaginaire

Il fascino profondo e anche un po’ misterioso (estetico, religioso, onirico, mitico) che emana dall’azione pittorica di Gabriele Amadori evocata,accesa e stimolata da una qualche partitura sonora, nasce e risiede a mio parere da e in una singolare e vigorosa consapevolezza antropologica. 

La sapienza e la potenza rituale della sua “celebrazione” (ma potremmo benissimo dire della sua infatuazione o della sua possessione) hanno come epicentro lo scontro (e non certo l’incontro), il conflitto fatale e di-sperato tra l’eufemismo spaziale creato e ricreato infaticabilmente dalla fantasia e l’annientamento della disgregazione operato dal tempo. Si tratta di un nucleo simbolico di memorie remote, ma piuttosto ancestrali, sul quale Amadori opera una elaborazione, anzi una interpretazione perfettamente moderna e ineccepibilmente laica.

Un passaggio del grande antropologo Gilbert Durand da “Les structures anthropologiques de l’imaginaire” sembra scritto ad hoc per l’azione di Amadori: « La rappresentazione nella sua totalità si erge contro l’annientamento portato dal tempo, specialmente la rappresentazione in tutta la sua purezza di anti-destino: la funzione fantastica rispetto alla quale la memoria non è che un incidente. La vocazione dello spirito può essere soltanto di insubordinazione all’esistenza e alla morte».

Prima di iniziare l’azione scenica Gabriele Amadori traccia sulla grande tela le coordinate spazio-temporali: qui il consolidarsi delle strutturazioni e la crescente saturazione cromatica dello spazio comprimono e imprigionano il tempo nei suoi infiniti interstizi; in questa battaglia, in questa lotta (per gli attori alla lettera corpo-a-corpo), tra l’erosione entropica della astrazione temporale e il consolidarsi nell’ispessimento materico di uno spazio euclideo, il rito collettivo (Amadori, i musicisti, ma da subito anche il pubblico) conferma simbolicamente proprio dentro la spazialità la patria della funzione fantastica; l’origine della straordinaria e utopica eversione contro il destino della caducità, della perdita e della morte.


«Proprio per questa ragione profonda – scrive Durand commentando Bergson – l’immaginazione umana è modellata prima dallo sviluppo del vedere, poi dall’udire e infine dal linguaggio: tutti mezzi di apprendimento e di assimilazione “a distanza”. Appunto in questa riduzione “eufemizzante” della distanza e del distacco sono contenute le qualità dello spazio». Non è, direbbe Piaget, lo spazio immediatamente percettivo; ma piuttosto quello rappresentativo che si apre all’apparire della funzione simbolica, strettamente legato all’azione poiché “la rappresentazione spaziale è un’azione interiorizzata”.


La formula che abbiamo spesso utilizzato a proposito di Amadori “vedere la musica e ascoltare la pittura” evidenzia proprio la specificità di uno spazio densamente simbolico di rappresentazione (teatrale, rituale, persino liturgica, sovente onirica e visionaria) dentro il quale anche la temporalità musicale (tempi, ritmi, scansioni) si metamorfizza aprendosi, strutturandosi, assestandosi in ambiti simbolici; in nuclei di resistenza di una durata che affronta con determinazione la minaccia del silenzio e del nulla di prima e di dopo.
D’altra parte l’azione di Amadori non fa che sottolineare la nostra tendenza naturale a trasformare percezioni e sensazioni di ogni tipo in temi visivi e in immagini: a tal punto che proprio la terminologia delle arti musicali è essa stessa “visiva”: volume, misura, crescendo, simmetria, eccetera.


La mediazione rituale ovvero in questo caso il conduttore energetico della contrapposizione tra “l’amicizia” eufemizzante dello spazio e l’ostilità dispersiva del tempo non è costituita dalla materialità agita dei colori, degli impasti, delle campiture, delle pennellate, delle sgocciolature, degli spruzzi; ma direttamente e costantemente dalla corporeità integralmente impegnata dell’attore che, sulla scena, spalanca, costruisce, percorre distanze traducendo in rappresentazione simbolica la fuga del tempo che lambisce e dilava rischiosamente anche i confini esterni del recinto sacro del rito di luce.


Il fascino esercitato dalla gestualità febbrile e controllata dell’artista nella progressiva strutturazione cromatica di uno spazio “vuoto” sta proprio nell’accumularsi visivo di una energia simbolica generosa e benefica, capace di incentivare la speranza di una possibile insubordinazione della facoltà immaginaria contro l’insostenibile irreversibilità del tempo.

Milano, Novembre 2004
Pietro Bellasi

 

 

CHAMBER PAINTING MUSIC

“Tempo / Spazio / Suono / Colore”

Gabriele Amadori è un creatore atipico. Poco portato a parlare di sé, restio di fronte ad ogni retorica, persegue da molti anni una strada coraggiosa e solitaria: quella della ricerca interdisciplinare tra arte, musica, architettura e scenografia. Incurante delle mode culturali, Amadori inscena visioni fluttuanti di ombra e di luce; disegna scene e costumi per opere liriche in tutto il mondo, progetta installazioni luminose per monumenti, spazi urbani e mostre; realizza performance in una metamorfosi costante di gesti, suoni e colore. Profondo conoscitore della musica, della storia del teatro, docente di scenografia al Politecnico, Gabriele ci sollecita a “vedere” la musica e “ascoltare” le immagini.

È a queste forme di espressione e di sintonia che Amadori si è più dedicato, cercando consonanze tra suoni e colori nella musica di Bela Bartok, di Luigi Nono come anche nei Tableau Vivant, una lettura strutturale delle musiche di Franco Donatoni. Ma è soprattutto con la costruzione del suo teatrino delle meraviglie dedicato all’interpretazione fantastica fatta di forme e colori del Flauto Magico mozartiano che Amadori giunge a una forma di poesia visiva da grande maestro e profondo conoscitore delle arti.

Amadori nelle sue Action Paintings converte le astrazioni musicali in materia, movimento, colore cangiante, strato su strato, realizzando un’esperienza che per molti sembrerebbe impossibile: la trasformazione apparentemente “spontanea” della tela sotto le pennellate successive che diventano movimento, le ondate melodiche accompagnate dai suoi gesti che danno forma ai segni.

La ricerca di Amadori in questo campo ha una storia lunga cominciata con Demetrio Stratos nel 1976 trent’anni fa. Le composizioni di Amadori restituiscono unità al gesto creativo, riportano lo spettatore, l’ascoltatore a ritornare a quell’unità del sentire, di sensibilità, di finezza percettiva, sollecitando un’epifania spazio/temporale al tempo stesso moderna e primordiale.

Gabriele Amadori è nato a Ferrara il 30/10/45 , vive e lavora a Milano.

Anna Detheridge
Il Sole 24 Ore

Gabriele Amadori - Bio

Nato a Ferrara nel 1945.

Gabriele Amadori si è formato negli anni Sessanta presso il centro sperimentale multimediale della Laterna Magika di Praga. È stato assistente di Vedova, Baratella e allievo di Arcangeli. 

Gabriele Amadori, pittore, scenografo e light designer, è un creatore atipico. Poco portato a parlare di sé, restio di fronte ad ogni retorica, persegue da molti anni una strada coraggiosa e solitaria: quella della ricerca interdisciplinare tra arte, musica, architettura e scenografia. Incurante delle mode culturali, Amadori inscena visioni fluttuanti di ombra e di luce; disegna scene e costumi per opere liriche in tutto il mondo, progetta installazioni luminose per monumenti, spazi urbani e mostre; realizza performance in una metamorfosi costante di gesti, suoni e colore. Profondo conoscitore della musica, della storia del teatro, docente di scenografia e light design al Politecnico di Milano e alla Scuola d'arte drammatica Paolo Grassi di Milano, Gabriele Amadori ci sollecita a “vedere” la musica e “ascoltare” le immagini.

È a queste forme di espressione e di sintonia che Amadori si è più dedicato dal 1970, cercando consonanze tra suoni e colori nella musica di Béla Bartòk, di Luigi Nono come anche nei Tableau Vivant, una lettura strutturale delle musiche di Franco Donatoni. Ma è soprattutto con la costruzione del suo teatrino delle meraviglie dedicato all’interpretazione fantastica fatta di forme e colori del Flauto Magico mozartiano che Amadori giunge a una forma di poesia visiva da grande maestro e profondo conoscitore delle arti e della multimedialità.

Amadori nelle sue Performance di Music Painting converte le astrazioni musicali in materia, movimento, colore cangiante, strato su strato, realizzando un’esperienza che per molti sembrerebbe impossibile: la trasformazione apparentemente “spontanea” della tela sotto le pennellate successive che diventano movimento, le ondate melodiche accompagnate dai suoi gesti che danno forma ai segni.

Gabriele Amadori muore a Milano nel giugno del 2015.

Gabriele Amadori - Esposizioni

Nato a Ferrara nel 1945. Vive e lavora a Milano.

Come pittore, ha partecipato a due biennali di Venezia nel 1968 e nel 1976, al “Salon de la Jeune Peinture” a Parigi nel 1974 e “Dokumenta” a Kassel nel 1972. Nel 72 ha vinto il premio J.Mirò di Barcelona e in seguito altri importanti riconoscimenti internazionali. Nel 1976 è stato invitato alla Biennale di Venezia. Nel 1976 e nel 1980 ha partecipato a due edizioni della Quadriennale di Roma, a “Modus”, al Louisiana Museum di Copenhagen nel ’79, International Triennale of Contemporary Art, Yokohama J. 1983, Art Chicago 1987, “Arteitalia “ al Museu da Imagem e do Som a Sao Paulo nel 1990, Projekte “Fundamenta MM” “Art and Technology / Stadthaus Ülm D. nel 1994, Fondazione Cini Art: Tolerance and Intolerance Venezia ’95, Stoccolma 1998 città europea di Cultura, Berlin Kunstmesse 1999, 50° Unesco Paris 1999, Bologna 2000 Città Europea della Cultura, Politecnico di Milano Dipartimento di architettura 2008, Kunst Art Bolzano 2008.

Dal 1967 ad oggi ha esposto le sue opere in musei e gallerie pubbliche e private in Italia e in altri paesi dell’Unione Europea: Centro Attività Visive, Palazzo dei Diamanti di Ferrara ’67, ’69, ’76 e ’79; Galleria del Naviglio Venezia ’69, ’74 e ’76; Centre Culturel International Migros, Deneve ’72 e ’76; Galleria Civica di Arte Contemporanea di Reggio Emilia ’76 e ’79; Reflex Gallery, Copenhagen ’82; Galleria Soldano Milano ‘74, ’76, ’80 e ’84; Galleria Borgogna Milano ’78 e ’84; Rotonda della Besana Milano ’84; Galleria Vinciana Milano ’87; Studio Marconi Milano ’87; “ACA Munich” Munchen ’88, Bremen Kunsthaus ‘91 e '95; Fondazione Pagani Varese ’91 e ‘99; Kunstlerhaus Breme ’93; Gallerie S.Hoffman Paris ’93 e ’94; Aktionsforum Praterinsel Munchen ’94; Fondazione Mazzotta Milano ’96; “La Grande Scala” Galleria d’Arte Moderna Bergamo ’96; “Chamber Painting Music” Galleria Arte Contemporanea Regionale Palazzo Mediceo Lucca ’98; Istituto Italiano di Cultura Stockholm ’98; Eos Fabrica Milano ’99; Galeria Ana Rubira Barcelona ’86 e ’99; Centro Cultural de Belem Lisboa ’99; Artdependent Meraner Galerie ’01; Hangar Bicocca Milano ‘05; Galleria Grossetti contemporanea Milano ’06; Fondazione Maimeri Milano ’06; Fondazione Cini Ferrara ’06; Galleria Miro Praha ‘07; Galerie ArtSEE Zurigo ’07.